Ciò che possiamo licenziare

domenica 26 marzo 2017

Mario Almerighi una vita per la giustizia.

Pretore d’assalto con lo scandalo dei petroli, membro del Consiglio Superiore della Magistratura, Presidente di Sezione del Tribunale penale di Roma e infine Presidente del Tribunale di Civitavecchia. Amico di Bachelet e di Giovanni Falcone. Fu il primo a scoprire che Guido Calvi non si era suicidato ma fu assassinato. Tutto era cominciato con l’idea di fare più vacanza.



Nella notte del 24 marzo Mario Almerighi ha chiuso la sua ultima udienza. Purtroppo questa volta non gli è andata bene. Capita quando nella parte dell’imputato c’è il Cancro, qualche volta gli succede di farla franca. E l’altra sera è stata una di quelle.

Mario Almerighi è entrato in magistratura nel 1970 e fu per caso. O meglio per amore della pesca subacquea. Aveva vinto un paio di concorsi all’Inps e già stava lavorando in quel di Como quando durante una vacanza scoprì che le ferie di un amico, già magistrato, sarebbero durate molto più delle sue. Bei tempi quelli. Guardò il mare della Sardegna, pensò alle cernie e ai fondali rocciosi e in un lampo vide le nebbie del lago di Como: non c’era partita. Al primo concorso utile si presentò e vinse. Come capita ai pivelli fu mandato pretore in una sede disagiata, si trattava della Sardegna, solo che lui a Cagliari ci era nato ed era il nipote di Mario Mameli pilota decorato a cui è intitolato  l’aeroporto della città. Quello,dunque fu un buon inizio.

Non solo, cominciò ad innamorarsi di quel lavoro  che costringe a mettere le mani e la mente nelle peggiori vergogne dell’umanità. E non metaforicamente. Così vergogna dopo vergogna l’amore per quel mestieracccio crebbe e crebbe e crebbe. Fu trasferito a Genova dove con Carlo Brusco e Adriano Sansa forma il primo pool anticorruzione.  Anche se allora non lo si chiamava pool e furono più italianamente soprannominati i pretori d’assalto.  Si trattava dello scandalo dei petroli ed era il 1974, quando si inventarono le domenica senza auto e alle dieci di sera il black out di tutti gli esercizi pubblici. Ma di petrolio ce n’era  a bizzeffe, anzi i petrolieri dicevano di essere “a tappo” e tenevano le navi al largo in attesa della giusta legge. E indaga e indaga si arriva alla conclusione, come ti sbagli, che dove c’è petrolio c’è anche corruzione e, guarda il caso i corrotti appartenevano al ceto politico. In quell’anno gli italiani scoprirono ufficialmente la parola tangente. E già che c’erano Almerighi e i suoi colleghi per la prima volta nella storia della repubblica collegarono la parola tangente a partito di governo. Poi ci si è fatta l’abitudine.

Quella dei petroli fu anche la prima volta in cui fu emanata  una legge per impedire ai pretori di fare le intercettazioni telefoniche e, già che ci si era, una grande coperta mise tutto a tacere e ancora non si era a mani pulite, alla seconda repubblica e agli scandali a seguire. Beata gioventù.
Il mestieraccio quando ti entra nel sangue non lo scacci più e ti porta a stare con gli altri come te che magari si chiamano Vittorio Bachelet o Giovanni Falcone, tanto per dirne due, e allora con quest’ultimo ci fondi la corrente dei “verdi” e ti batti per sventare le pressioni che chissà chi vuole esercitare sui magistrati. 

La carriera prosegue: membro del Consiglio Superiore della Magistratura e poi Presidente di Sezione del Tribunale penale di Roma fino ad arrivare a Presidente del Tribunale di Civitavecchia. Ma il titolo a cui teneva di più era quello di Presidente della Fondazione Sandro Pertini, di cui era stato amico. E poi ancora indagini, tante indagini e, per citarne una, quella sul caso Guido Calvi che per primo identificò come omicidio e non suicidio.

Giulio Andreotti, dopo il processo di Palermo che lo riguardava, lo accusò di essere stato un "falso testimone che ha detto infamie e per il quale credo che dovremo inviare le carte al Csm. Se non lo facessimo sarebbe come lasciare una miccia in mano a un bambino".  Almerighi lo querelò per diffamazione e il divo Giulio dovette pagare spese e risarcimento. Qualche volta anche i super potenti perdono.

Amava il teatro fin dai tempi del liceo e fu entusiasta quando Fabrizio Coniglio e Bebo Storti gli proposero di mettere in scena Tre suicidi eccellenti. Vederlo seguire la scena standogli seduto accanto, in platea e non in prima fila, dava la misura del suo rispetto verso gli spettatori e gli attori e di quanto tenesse al contenuto più che alla forma. 

Oltre a Tre suicidi eccellenti ha scritto su altre inchieste scottanti del Paese: Diritto e Ambiente, I banchieri di Dio, Petrolio e politica, Mistero di Stato, e infine, La politica delle mani pulite. Quest’ultimo, una raccolta di dichiarazioni e scritti del Presidente Partigiano Sandro Pertini che Almerighi mette a disposizione del pubblico con l’auspicio che qualcosa si impari e non ci si faccia turlupinare dal pifferaio di turno. Sogno ardito a cui troppo spesso gli italici hanno disatteso.

Alla fine le sue vacanze sono state sempre più brevi e le immersioni più rare, ma disse che ne era valsa la pena. Buona pesca Mario.

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