Ciò che possiamo licenziare

domenica 22 maggio 2016

E se Renzi fosse il nostro La Fayette?

Sembra una provocazione  ma tra il Marchese di La Fayette e il fiorentino Renzi i punti di contatto son più d’uno. E millanta quelli che non li fan vicini. E se Renzi fosse, solo il precursore di un’era di innovazione vera?  E di fatti e non di parole?Un sogno dadaista

Sogno dadaista: Matteo Renzi come Gilbert La Fayette
Ovviamente il parallelo è ardito, anzi arditissimo, ma si sa che le metafore non han confini e ardite lo sono per definizione. Molto probabilmente a Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, Marchese di La Fayette il raffronto potrebbe apparire indigesto, lui uomo del fare rivoluzioni e non del chiacchierare, ma d’altra parte non ha alcuna possibilità di palesare il suo sdegno. 
Al più potrà parlarne, cioè ascoltare con pazienza, con il neo assurto Giacinto Pannella. Però a ben dadaisticamente guardare il raffronto potrebbe starci. Oltre che le ovvie e  dovute scuse al Marchese.

Come noto Monsieur de La Fayette, dopo aver scannato un po’ di inglesi in terra americana ed aver contribuito al successo della rivolta organizzata da George Washington se ne tornò in nella douce France e proseguì il suo cammino rivoluzionario. Però la sua, come la supposta (qui inteso come aggettivo e non necessariamente come oggetto medicinale) rivoluzione renziana, qualche voglia di stare dalla parte dei più forti ce l’aveva. Vien difficile, pur con cotanti meriti dimenticare che il comandante della Guardia nazionale francese non esitò a sparare sul popolo al Campo di Marte. I vari articoli, postille e codicilli del job-act non sono pallottole ma certo ammaccano sia i nuovi assunti sia quelli che cercano lavoro: i sans-culottes 2.0.

Un altro fatterello che li accomuna è che La Fayette nel 1791 quando fu  capo di tre armate sul fronte belga contro gli austriaci si dette da fare per organizzare armistizi piuttosto che combattere. Un po’ come accordarsi con il gerontocomio del Pd per mantenere il controllo del partito o con Verdini Loris e la sua truppa per il controllo del Parlamento o con i supporter del vetero capitalismo. Fu proprio dopo questo bel fatterello sul fronte belga che il Marhese prima si ritirò a vita privata e poi se ne andò in esilio. Vuoi mai mettere che ci sia una qualche analogia con il referendum sulla nuova, sedicente, costituzione? Che se fosse non sarebbe proprio male.

Nello scenario, s’intende dadaista, tutti questi fatti son capiti e compresi e infatti si ipotizza che il giovine Renzi Matteo come l’aristocratico Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, Marchese di La Fayette abbia tracciato la strada per il cambiamento del Paese, ma essendo incapace di pensarlo a tutto tondo e di gestirlo, lasci il campo a quelli che il cambiamento e il rinnovamento lo vogliono per davvero e in chiave democratica e popolare. Che poi significa riduzione delle disparità, tassazione equa, attenzione al bene comune, rispetto del territorio, dignità del lavoro e sviluppo sostenibile.. Ops, s’è scritto in altri termini quello che è già nella Costituzione attuale. Pardon.
Ora si tratta, dadaisticamente parlando, solo di cercare o veder spuntar fuori chissà da dove chi potrà far la parte dei giacobini d’antan che ovviamente più che di ghigliottine dovranno saper maneggiare leggi, sostitutive e non aggiuntive, andando a prendere i denari dove stanno e non dove è più semplice trovarli.  

E allora al Renzi Matteo si potranno dedicare strade e piazze perché precursore del cambiamento, ma non di questo facitore per manifesta incapacità. Della seconda parte ovviamente non si farà menzione nei libri di testo per la riconoscenza che si deve a chi ha aperto la porta. Certo con lui se ne andranno anche le gerontocrazie pregresse (più mentali che fisiche) e i giovani scardellati che l’accompagnano.

È un sogno dadaista.

2 commenti:

  1. Sarà anche un sogno dadaista, però è un sogno niente male davvero !!!!
    Chissà....la speranza (non "lo" Speranza), sia l'ultima a morire.

    Franco

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  2. L'innovazione è una cosa buona ma non ad ogni costo, cambiare va bene ma purché non sia in peggio, come dice Crozza, anche se prendo il cesso e lo metto in salotto è un cambiamento.

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