Ciò che possiamo licenziare

lunedì 27 ottobre 2014

Scontro Bindi-Serracchiani: il senso del paradossale.

Con poche battute l’ex presidente del Pd (ex Dc) e l’autorevole esponente della segreteria Pd (ex Pci) hanno dato senso al paradosso. Con alcuni corollari.

Viene difficile definire con  un aggettivo il siparietto consumato dalla Bindi e dalla Serracchiani davanti alle telecamere ed ai microfoni di SkyTg24. Forse “paradossale” è quello giusto. 

Paradossale vedere, l’ex presidente del Pd battagliare, in diretta e con parole grosse, con uno dei membri più autorevoli della attuale segreteria del suo stesso partito. Paradossale che la Bindi, ex democristiana di lungo corso, esalti la piazza, pare un milione e duecentomila manifestanti, mentre la Serracchiani ex comunista, ex Pds, sostenga si stia meglio in compagnia di pochi, un migliaio all’incirca, dentro una vecchia stazione ferroviaria costruita nella prima metà dell’ottocento.  Paradossale che la prima sia un po’ âgée mentre la seconda, nel gerontocratico panorama italico, sia quasi una ragazzina.  Paradossale che la prima, sempre da antica ex democristiana,  si commuova per le bandiere rosse mentre la seconda, sempre da ex comunista,  palpiti per la finanza alla Serra e l’imprenditoria alla Farinetti. Per intenderci il primo è quello che considera lo sciopero un costo (forse non gliene è chiaro il concetto e la funzione) e che prenderà la tessera del Pd ma ovviamente a Londra dove probabilmente c'è un circolo a Lombard Street. Mentre  Oscar Farinetti è quello che dice che negli affari l’onestà da sola non basta e ci vuole anche la furbizia. E magari in quota maggioritaria. 

Paradossale che la Bindi definisca «contromanifestazione» quella organizzata dal segretario del suo partito, eletto a stragrande maggioranza. Paradossale che la Serracchiani non colga che quelli in piazza potrebbero essere voti persi. E magari moltiplicati per due. Paradossale poi che la Serracchiani non ribatta e se ne vada.  Che di solito è quello che fa Giuliano Ferrara.  Paradossale che in piazza ci siano gli epigoni (ed esegeti sotto mentite spoglie) di quelli che il Pd l’hanno distrutto rendendolo un partito di perdenti e che, quando hanno avuto la possibilità di governare, hanno fatto harakiri. Paradossale che la nuova dirigenza sia criticata perché sta facendo quello che avrebbe voluto fare quella vecchia e non ci è riuscita. Paradossale che la vecchia dirigenza non si renda conto che è stato grazie alla inanità dei sui esponenti che questi nuovi enfant terrible sono venuti alla ribalta e ora possono zampettare sul palcoscenico della politica e delle istituzioni. Paradossale che l’attuale sinistra del Pd sia fatta da molti che nel partito sono sempre stati a destra. 

Paradossale che nel gruppo del nuovo che avanza entrino contemporaneamente un ex Sel e un ex Scelta Civica. Non è paradossale che Andrea Romano già ex dalemiano e poi ex montezemoliano voglia mettere le premesse per diventare, con il tempo, anche un ex renziano. Paradossale che Renato Brunetta dopo aver proposto di dare a Renzi la tessera di Forza Italia abbia dichiarato che lui sarebbe andato in piazza e non alla Leopolda. Che Brunetta giochi con i paradossi non è paradossale, è un economista. Così come non è paradossale questa situazione paradossale.

2 commenti:

  1. Per capire i paradossi bisogna essere intelligenti, per seguirli imbecilli.
    (Dino Segre, alias Pitigrilli)

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  2. ho un sogno . . . poter votare un partito moderno di sinistra un giorno .... e spero presto perchè c'è più bisogno che mai di sinistra!

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