Ciò che possiamo licenziare

martedì 3 giugno 2014

Non ci sono più le segretarie di una volta.

Fabrizio Roncone sul Corsera del 1 giugno innalza peana a favore delle segretarie di una volta, fedeli e devote e come esempi porta quelle che furono di Andreotti, Craxi e Berlusconi. Pare, a legger quel che scrive, che gli piacciono meno quelle che collaborano con i magistrati.

Roberta Sacco segretaria di Scajola
Si racconta che in una delle egizie piramidi, piace pensare fosse e quella di Micerino, sia stato rinvenuto un papiro già vecchio ai tempi suoi in cui l’autore si rammaricava che i giovani non fossero più quelli di una volta.  Chissà che astruse mode perseguivano  e come si rasavano i capelli i figli dei faraoni. A distanza di quattromila anni il rammarico è rimasto lo stesso e continua sia su altri e più vari versanti sia sullo stesso tema dei giovani, che è un evergreen. Fra qualche anno lo farà anche la ministra Maria Elena Boschi che invece aspettarselo dalla Picierno (che ormai si ritiene arrivata) è un attimo. 

C’è comunque varietà: si va da quello altrettanto trito sulle stagioni, ai cibi, all’educazione, ai vestiti, ai sindacati, neanche questi sono più come quelli di una volta, fino ai politici che invece sì, continuano ad essere come quelli di una volta solo che allora non c’era internet e neanche Snowden. Pure la mafia è più come quella di una volta quando rispettava donne e bambini. Come se gestire la prostituzione o il contrabbando o insegnare ai piccoli come diventare dei mariuoli fosse segno di rispetto. Ma tant’è: pure questo, al giorno d’oggi, ci sta.

Al florilegio del “non ci sono più … come erano una volta” da domenica 1 giugno vanno aggiunte le segretarie. E per quel perduto stampo  Fabrizio Roncone ha lanciato un grido, forse meglio un gridolino, di dolore, viste le cinque smilze colonnine di piombo spese.  I più attempati (o i giovani appassionati di vintage) senz’altro avranno un fremito pensando al famoso cha-cha-cha della segretaria. Però quelli erano i mitici e favolosi anni ’50 dove le segretarie leggevano Grand Hotel e sognavano di sposare il principe azzurro che si presentava sotto le mentite spoglie del principale. Qualche volta âgé e un po’ bolso. Qualcuna a onor del vero ce l’ha fatta (a farsi sposare dal principale) ma s’è trattato di eccezioni ancorché altolocate. Le altre segretarie, quelle che prendevano sul serio il loro lavoro erano ligie, anche un po’ grigie, comunque severe e soprattutto taciturne. Poco disposte a fare comunella con gli altri che facevano fatica a chiamare colleghi. Loro sapevano i segreti dell’azienda che, nella gran parte dei casi nulla avevano a che fare con il codice penale. 

Ma non sono neppure queste quelle di cui Roncone lamenta la scomparsa: si tratta piuttosto di quelle devote e, ancor più fedeli. E come begli esempi ne cita cinque: tre a favore e due contro. Quelle a favore, nel senso che a lui paiono piacer tanto, sono Vincenza Enea Gambogi, Vincenza Tomaselli e Marinella Brambilla. Donne « che hanno vissuto il lavoro come missione religiosa.» Le due contro sono invece Zoia Veronesi e Roberta Sacco. Le cinquesono state, nell’ordine, segretarie di Andreotti, Craxi, Berlusconi, Bersani e Scajola. Tutti principali con i quali la legge nel tanto e anche nel poco ha avuto un qualche interesse. Perché piacciono a Roncone la Gamboni, la Tomaselli e la Brambilla? Semplice: sono state (la Gamboni è scomparsa nel 1999) devote, devotissime tanto da negare, negare tutto, negare sempre anche l’evidenza e quando le domande erano poste da pubblici ministeri o da presidenti di commissione antimafia. Perché non piacciono le altre due? Perché pare siano disposte a collaborare. Come dire che l’omertà (che di missione religiosa ha poco o nulla) vince, deve vincere, sulla collaborazione se proprio non lo si può chiamare pentimento.  De gustibus.

D’altra parte questo è il periodo in cui va di moda il verbo farinettaiano per cui se l’intelligenza non si coniuga con la furbizia si è un bel po’ giuggioli. Che a ben vedere è poco distante da quanto il Berlusconi Silvio ha praticato e predicato nei fatti ancor più che nelle parole.

Tra le cinque non è che bisogna per forza farsene piacere qualcheduna. Che anzi a ben vedere tre son state sodali con il capo fino alla fine anche se poi una, la Tomaselli, ha patteggiato il patteggiabile, mentre le altre due han fatto il pesce in barile: vedevano e tacevano. Se fosse andata bene, tutto a posto, in caso contrario ecco la collaborazione. Certo che sarebbe stato bello che le due collaboranti avessero cominciato prima a denunciar magagne se non addirittura reati. E per nessuna di queste val la pena di innalzare peana al buon tempo antico perché nei casi specifici sarebbe quasi come se si facesse l’apologia del reato. E questo non è bello.



2 commenti:

  1. Così ubbidienti e servili... Ah, quanta nostalgia della clava!

    RispondiElimina
  2. Sofia loren quella si era una segretaria ..........

    RispondiElimina