Ciò che possiamo licenziare

giovedì 3 aprile 2014

Il Colosseo lavato con l’acqua è d’oro. Una bella metafora.

Se Matteo Renzi facesse come i restauratori del Colosseo magari caverebbe qualche ragno dal buco. C’è chi pensa che una risposta semplice ad un problema complesso sia stupida, ma non è vero. Le risposte e le soluzioni complicate sono più stupide e richiedono più tempo. Con il Colosseo d’oro sarà contento Claudio Scajola.

Giallo, nelle sue varie sfumature,  sembra essere il vero colore del Colosseo. Il colore dell’oro. Ai romani dell’epoca pareva di imbattersi in un sogno quando svoltando dalle varie strade che in questo confluivano e se lo trovavano davanti. E lo stesso accadrà, moltiplicato per cento, ai contemporanei, appena sarà finito il restauro. Per portare alla luce questa meraviglia di colori è bastato solo lavarlo. A riprova che non sempre le risposte semplici sono sbagliate. O stupide.

Per essere sporco il Colosseo sporco lo era per davvero (e lo è ancora nella parte ancora da sistemare), tutta colpa dell’aria inquinata e degli scarichi delle auto.  Per portarlo a nuovo, ma lasciandogli la patina del tempo. lo stanno pulendo con l’acqua. Acqua semplice, neppure quella con le bollicine e pure pubblica, come da referendum, che quindi dovrebbe pure costare poco. Non sono all’opera macchine sofisticate o studiate alla bisogna, non si stanno usando materiali intrusivi, quindi niente solventi, nessun additivo chimico o detersivo e a quanto pare neppure uno spazzolone che tutto sommato almeno lui, lo spazzolone della nonna, ce lo si poteva pure aspettare. E invece niente. Solo acqua. Oddio, l’hanno incanalata in una bella e tutto sommato semplice ragnatela di tubi costellati da tantissimi semplici ugelli dotati di altrettanto semplici rubinetti per poter regolare l’intensità del getto, ma sempre di acqua si tratta.  E poi ci lavorano anche in pochi: dieci restauratori laureati e specializzati. Più ovviamente il direttore ai lavori che il caso vuole sia una donna. Il che è detto non tanto per fare l’ennesimo e noioso panegirico della produttività e neppure della ormai frusta questione delle quote rose, ma solo per evidenziare un dato di fatto.

Certo che se anche Matteo Renzi, qui nell’accezione di sineddoche per il totale mondo della politica, si accompagnasse a ragionamenti semplici e proponesse altrettanto semplici soluzioni il Belpaese se la caverebbe anche bene e pure velocemente. Visto questo suo inopinato amore per il mito della velocità futurista. Quello che frega i bene intenzionati sono i patteggiamenti, le mediazioni e i compromessi. Magari un po’ di semplice intransigenza farebbe bene. La legge elettorale e gli stipendi pubblici milionari o le pensioni doppie, triple e quadruple, alla Giuliano Amato per non dire di altri in più alto grado che si corre il rischio del vilipendio, con saldi a tre zeri, minimo, sono delle belle prove che però partono quasi (già) perse. Quando si comincia con l’inserire complicati sistemi di calcolo ci si mette da subito nella parte degli sconfitti. E il caso di Moretti e poi quello di Scaroni (già condannato in primo grado che sulla sua prossima nomina ci sarebbe non poco da dire) sono bei banchi di prova. O bei trabocchetti. Diventerà difficile dire che non è stato possibile fare perché i poteri forti sono troppo forti. Ché se un potere non è forte che potere è?  Comunque questa scusa frustra è già stata usata da Berlusconi che nell’evocarla non si rendeva conto, quando mai, di coprirsi di ridicolo. Che fare del vittimismo non aiuta. E mette tristezza.

Indichi Renzi, questa volta nell’accezione di lui-sé-medesimo, cosa vuole fare, bello chiaro e tondo. E magari pure come conta di arrivarci senza tirare in ballo gli obiettivi epocali che quelli li sa dire anche D’Alema. E poi detta chiara tutti gli obiettivi sono buoni che viene raro trovare esplicitato un obiettivo palesemente malintenzionato.  I contribuenti sopra i 300.000€ anno non soffriranno tanto se dovranno pagare un po’ di più di tasse e poi sono, mal contati, solo 28.000. Elettoralmente non rappresentano un granché. Così come sono tutto sommato pochi e ben controllabili gli imprenditori che guadagnano meno dei loro fattorini. Poi si faccia entrare il privato dove il pubblico scalchigna e non il contrario. Della Valle per il Colosseo spende 25milioni€ ne dovrà spendere almeno altrettanti per far sapere al mondo che lo sta facendo e ne avrà un ritorno di immagine. Bene. Se lo merita. Lo stesso si potrebbe fare con Pompei e con il resto del patrimonio archeologico ed artistico che si sta sgretolando o finendo ad ammuffire nelle cantine. E magari così potrebbero venire anche degli stranieri ad investire in sponsorizzazioni. Perché no?  Tutti se ne avvantaggerebbero e ne sarebbero contenti.


Così come senz’altro sarà contento Scajola Claudio. Magari adesso che il Colosseo è ripulito e sembra d’oro, che anche questo l’hanno fatto a sua insaputa, si terrà l’appartamento pagato solo per due terzi. O forse aumenterà il prezzo di vendita. In ogni caso sarà contento.

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