Ciò che possiamo licenziare

venerdì 28 marzo 2014

Barack e Francesco: 53 minuti di segreto .

Negli incontri al vertice si vola alto e i complimenti si sprecano. Poi però bisogna fare i conti con la realtà. Chissà se nell’incontro con papa Francesco s’è parlato d’armi. Sembra che Barack abbia in testa una strana equazione produrre armi per sconfiggere la povertà.

A vedere i grandi del mondo quando si incontrano l’animo si riempie di felicità. Gioia gaudioque. Sono sempre sereni, rilassati e si congratulano tra di loro:«È un grande onore conoscerla» oppure «Meraviglioso incontrarla. Sono un suo grande ammiratore» e poi «Caro signor Presidente» e «Caro signor Papa.» No, pardon «caro signor Papa» non si dice. E tutti in queste occasioni ufficiali si scambiano parole che paiono di miele tanto scivolano dolci e morbide. Almeno quelle pubbliche. Di quelle private non si sa. Quindi si va d'immaginazione.

E così Barack parlando con Francesco pare abbia detto del suo impegno a voler sconfiggere la povertà nel mondo. E Francesco probabilmente si è fregato le mani dalla contentezza. Obbiettivo encomiabile. E Francesco l’ha guardato con occhi sognanti e, forse e con qualche probabilità, ma non c’è da giurarci, gli deve aver creduto quasi subito. Perché uno che ti dice una cosa del genere deve essere creduto per forza. Certo non gli sarà venuto in mente a Francesco, solo per educazione, di chiedere a Barack perché non cominci magari nel piccolo: chiedendo alle aziende americane di lasciare in pace, per esempio, quelli che vivono nella foresta amazzonica. Poiché, in fondo, quei pochi che ancora vivono nel Mato Grosso gran male non fanno così come, al contrario invece, molto male fanno all’intera umanità quelli che tagliano gli alberi e vogliono farlo attraversare da  un’autostrada. Che asfaltare una foresta non è bello.  Ma forse a papa Francesco gli sarà parso un po’ demodé e magari anche retorico. O magari ha immaginato che se avesse affrontato questo tema il suo ospite avrebbe potuto sospettare un qualche conflitto d’interesse, in Italia si è esperti come nessuno al mondo in questa pratica, dato che lui viene proprio da quelle parti. Intendendo con questo il continente sud americano.

Chissà poi se papa Francesco ha proposto a Barack uno dei suoi ultimi cavalli di battaglia: una giornata di digiuno contro la vendita delle armi nel mondo. A meno che questo monito, che i moniti non sono esclusiva prerogativa di Giorgio Napolitano ma stanno diventando merce comune, valga solo per i ministri della difesa italici che peraltro, neanche a dirlo, subito si sono affannati a dire che ci stavano a digiunare ed hanno rinunciato, per un giorno, ad affollare i ristoranti parlamentari. Ma si sospetta, con qualche ragione, che si siano rifatti in quelli successivi. Papa Francesco, se avesse affrontato questo tema con Barack, sarebbe stato certo di parlare con uno che conta, anzi con quello che nel settore conta per davvero. 

Barack  non millanta credito, come certi peracottari indigeni. Anzi in questo suo viaggio ha assunto, senza imbarazzo alcuno, anche il ruolo di piazzista d’aeroplani.  Di quegli F35 che devono fruttare alla Lockheed Martin sempre lo stesso fatturato, ancora non ben definito peraltro, a prescindere dal numero degli apparecchi venduti. Gli americani, in particolare quelli che vendono armi, hanno uno strano modo di far tornare i conti e di avere i bilanci in utile. Specialmente poi quando il prodotto, come pare il caso degli F35, sia un po’ farlocco e, per dirla più piana, anche poco affidabile. Dato che un aereo che non può volare quando piove non è propriamente garanzia di efficienza e qualità. A meno che non si pensi che il nemico attacchi solo quando c’è bel tempo. Sempre che anche agli altri nella bella stagione non interessi fare vacanza. 

Come piazzista poi Barack è stato assai convincente, almeno con Renzi, poi si tratterà di vedere che faranno gli olandesi e i canadesi e tutti gli altri che stanno tagliando le spese militari.  Certo l’ha fatto con tono un po’ rude anche se stemperato dalla battuta che «anche la libertà ha un costo.»  Come tutto del resto. È quasi certo che nel sentir questa frase nessuno avrà fatto notare al signor Presidente Obama che, nella sostanza, in questo mercato solo lui vende e tutti gli altri devono comprare. Magari pure un po’ con obbligo. Che quindi sì anche la libertà ha un costo ma magari solo per chi compra perché chi vende ci guadagna.

Quindi se l’equazione che Barack ha in testa è: guadagnare vendendo armi e poi spendere i denari ricavati per risolvere il problema della povertà vien difficile trovarla credibile. E forse neanche papa Francesco l’ha bevuta. Allora meglio sorridersi e scambiarsi medaglioni. Come infatti è stato fatto.

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