Ciò che possiamo licenziare

martedì 5 febbraio 2013

Carpatair, Giovanna Melandri e AnnaX : tre storie italiane. Diverse

La scorsa fine settimana ha messo in scena una grande quantità di eventi. Tre spiccano tra tutti perché rappresentano uno spaccato, ormai neanche più inquietante, del modo di essere di questo Paese.

Tra le tante notizie di cui si può dire della ultima fine settimana ce ne sono almeno tre che, pure se assai distanti tra loro per i fatti in sé e per la tipologia dei protagonisti, segnano in maniera emblematica l'attuale situazione del Paese. E si può già anticipare che questa non è certo bella. Ma già lo si sapeva.
I tre protagonisti sono Carpatair (ma si legge Alitalia), Giovanna Melandri e AnnaX.

Fino a ieri quasi nessuno (ma chi doveva saperlo lo sapeva bene) aveva mai sentito nominare Carpatair (1). Ma quando un aereo, con livrea Alitalia, in quel di Fiumicino è uscito di pista il fantasmatico nome è saltato fuori. Carpatair è, per dirla chiara, un'azienda rumena subappaltante. 
Tanti sono abituati a pensare che il subappalto sia prerogativa specifica dell'edilizia, grandi o piccole opere che siano, ma non è così. Anche se viene difficile pensarlo, il subappalto prospera anche nel trasporto aereo. Incredibile dictu coinvolge pure la nostra cara (perché ai contribuenti costò un sacco ed una sporta) vecchia compagnia di bandiera, quella che il patriota Berlusconi Silvio non volle cedere ai francesi. Perciò già che c'era l'ha data a dei coraggiosi capitalisti italici che l'ebbero per due cocomeri ed un peperone e che, fra qualche tempo, la rivenderanno agli stessi francesi di cui prima. Pare, dicono le malelingue, anche lucrandoci un tantinello. Che quella del lucro, da queste parti, è difficile da credersi anche se con un po' di sforzo ci si può riuscire.
Ebbene per tentare di generare profitto i capaci capitalisti di casa prima hanno ben pensato di dismettere il proprio vettore regionale, AZExpress con annessi aeromobili ATR72 e poi deciso per il subappalto a terzi. Se il subappalto fosse stato gestito in chiaro non sarebbe stato bello ma avrebbe potuto starci. 
I passeggeri invece pensavano di volare con Alitalia, il cui logo campeggiava in ogni dove e pagavano tariffe Alitalia, notoriamente non tra le più economiche. Ma non era così. Stavano viaggiando con qualcun altro. A loro insaputa. Altro che Scajola. 
Se ne sono accorti solo quando, con la velocità di un fulmine, hanno visto sparire il logo tricolore dall'aereo. “Si fa così – pare abbiano spiegato i responsabili di Alitalia – per non farsi cattiva pubblicità”. 
Forse a quei manager bisognerebbe raccontare che esistono mezzi di comunicazione arcaici come la stampa, la televisione e la radio e poi mezzi moderni come il web: e quindi la notizia è già nota in tutto il mondo. Se avessero avuto la stessa lungimiranza e velocità nel piano industriale probabilmente Alitalia sarebbe leader di mercato. Ma così non è.

Giovanna Melandri, nonostante i suoi quasi diciotto anni passati a Montecitorio, è un pochinello più famosa ma non tanto. Ha avuto dei picchi di notorietà: quando si è stracciata le vesti in difesa del vitalizio ai parlamentari e quando è stata nominata ex abrupto presidente del museo Maxxi. Per meriti che sono “all'insaputa dei più”.
L'ultima di Mrs. Melandri (è ammerigana) è stata vietare, in extremis, la proiezione del documentario di Bill Emmott dal titolo Girlfriend in A Coma. 
Il film racconta crudamente del triste decadimento del Paese. E questo lo fa con interviste (da Umberto Eco, a Sergio Marchionne, a John Elkan ecc.) e con filmati.
Il perché la proiezione sia stata vietata fa parte della tragicommedia che ogni giorno va in scena nel bel Paese. La società che ha prodotto il documentario accusa di censura il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che a sua volta si difende scaricando la responsabilità sul museo: “Il Maxxi è una fondazione di diritto privato le cui decisioni sono assunte dagli organi competenti".
Mrs. Melandri per parte sua chiarisce che aveva «deciso che nel mese e mezzo che precedeva le politiche non avremmo ospitato iniziative elettorali al Maxxi». Chissà perché poi.
Ma Emmott ribatte riportando la comunicazione ricevuta dal Maxxi che recita: “Disposizioni della presidente della fondazione, che si fanno interpreti delle indicazioni assai rigorose dateci dal Mibac ”. (2)
Piccolo dettaglio, confermato dalla stessa direttrice del Maxxi «Avevamo dato la disponibilità della sala alla società Terravision». A pagamento, come giusto che sia per le manifestazioni che non rientrano nella programmazione artistica. Con una piccola postilla, sempre della direttrice «Senza sapere a cosa servisse». (3) Ovvero anche Mrs Giovanna Melandri entra nel girone di quelli che vivono a loro insaputa.

Chi invece a sua insaputa, ma veramente a sua insaputa, si trova nei guai è Anna X. (4) 
Storia tragica la sua. Veramente tragica.
Anna è rumena, come Carpatair, ed è in Italia da sette anni nel corso dei quali è passata dall'accattonaggio alla regolarità più regolare. Oggi ha una casa con regolare contratto (non come quello di Tremonti con il suo amico Milanese), un lavoro regolare, contributi regolari versati all'Inps e tre figlie che frequentano regolarmente la scuola pubblica. Un bellissimo esempio di come ce la si possa fare a togliersi dalla miseria. Ovviamente con fatica. E consapevolmente.
C'è però, anche in questa vicenda, un piccolo particolare: sette anni fu pizzicata per presunto “accattonaggio con minore” e denunciata. Però a lei non lo dissero. 
La denunciarono a sua insaputa e la pratica burocratica è andata avanti con le sue fragile gambette tra udienze di tribunali, l'avvocato d'ufficio e i carabinieri. Che la cercavano e non la trovavano. Anche se l'anagrafe di Milano la dava residente nella Casa della Carità. 
Ora Anna è in galera perché l'hanno finalmente rintracciata. La pena è di sei mesi. Senza attenuanti, senza condizionale e senza neppure i domiciliari. Roba che non si nega a nessuno. Neanche agli stupratori.
Anna X si trova a dover fare i conti con il suo “a sua insaputa” e per lei saranno conti salati.

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  1. Corsera 4 febbraio 2013
  2. La Repubblica 1 febbraio 2013
  3. Linkiesta: La Melandri non sa che cosa accade nel suo museo: questo è lo scandolo 3 febbraio 2013
  4. Corsera 3 febbraio 2013

1 commento:

  1. Non è possibile nessun commento tranne uno solo: forse non esiste solo la casta dei politici e complici, anche in certe professioni si difendono solo i ricchi ed i potenti che se lo possono permettere, i poveri devono giustamente accomodarsi in galera per far crescere il contributo di sanzioni che versiamo alle casse UE per le nostre defezioni. Forse, Signor Presidente, invece di visitare il carcere sarebbe stato molto più opportuno provvedere prima a renderlo civile e, magari, lasciare i....monti dove erano prima di consacrarli "onorevoli" senatori. o no?

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