Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 1 agosto 2012

Com'è fatto un leader? Ce lo racconta il prof. Michele Salvati. Sorbole!


Michele Salvati
Senz'altro non era una notte buia e tempestosa quella nella quale il prof. Salvati ha steso l'articolo pubblicato sul numero 37 de “La Lettura”, il supplemento culturale del Corsera del 29 luglio. Anzi.
Decisamente doveva essere pomeriggio, luminosissimo e anche un tantinello afoso.
Così il prof. Salvati ci racconta con dovizia di particolari che è bello avere dei leader carismatici e democratici. In linea di principio viene da commentare questa epocale notizia con un sonoro: “sorbole!”
Ma poiché fa ancora caldo e i lettori de “La Lettura” non si vogliono far mancare nulla ecco che leggono, testuale: “Sono leader democratici coloro che non sovvertono le istituzioni fondamentali di una democrazia liberale”. Il sorbole! di prima viene doppiato da un altrettanto sonoro “pebbbacco, Chi l'avrebbe mai detto!”
Ma le sorprese non finiscono qui, i lettori di cui prima apprendono che i caratteri essenziali del leader democratico sono due: il primo ha a che fare con la natura del progetto, che ovviamente gli deve impegnare la vita e quindi: “deve trattarsi di un progetto storicamente progressivo che apre (magari qui ci sarebbe stato bene anche un congiuntivo) nuovi orizzonti di sviluppo economico, sociale e culturale … internazionale e nazionale”. Che come originalità non c'è male.
Sono riflessioni che fanno pensare.  Il secondo carattere invece, sempre testuale, recita: “ ha a che fare con la difficoltà del progetto, con la resistenza delle forze nazionale e internazionali, economiche, sociali, politiche che devono essere piegate per realizzarlo.” Domanda: che c'entra il secondo carattere con il primo? Sembra infatti il tentativo di sommare pere con mele, quello che la maestrina con la matita rossa e blu proibiva risolutamente. Aveva dimestichezza con il mercato di frutta e verdura, lei.
Il pezzo prosegue ovviamente con citazioni di Max Weber e, altrettanto ovviamente, di Niccolò Macchiavelli. By the way qual è il leader di riferimento del prof. Salvati?
Charles De Gaulle (1890-1970)
Niente-popò-di-meno che: Charles De Gaulle.
Per intenderci quello della Algeria Francese, della grandeur, della force de frappe e del blocco allo sviluppo dell'Europa. Giusto per citare alcuni fatterelli. Ma tant'è.
Quindi chi giudica la grandezza di un leader? Ma è ovvio: la storia. A posteriori, come sempre. Alleluia
Di cosa avremmo bisogno per risolvere la situazione attuale? Altra chicca: “non è sufficiente che si affermi un solo grande leader in uno dei principali Paesi europei: è necessario che ne nascano (il congiuntivo ringrazia) più d'uno e con progetti politici convergenti.” Richiesta alla Marchionne: eccessiva e con tratti di velleitarismo. Evviva.
Insomma la logica è quella del “un uomo solo al comando”  cui masse adoranti – questa è la funzione del carisma – tributano sereni omaggi e danno sempre ragione. E la coscienza collettiva? Quella che forma e definisce, influenza ed è contestualmente influenzata dal contesto? Quella che esprime i  leader che, a tutti gli effetti, sono il risultato (e non la causa) di quel processo?  Non a caso sono detti, per l'appunto, rappresentanti, cioè che rappresentano. Qui non ce n'è traccia. Ovvio.
Ma d'altra parte non è stato così costruito a tavolino il PD? I maligni dicono che il prof. Salvati sia stato parte fondamentale di quella operazione che, per l'appunto, non tenne conto del contesto. Ma forse non è vero.
Operazione di vertice che ha visto finire nello stesso scatolone idealità diverse che assai spesso non si capiscono e che su alcuni temi sono addirittura contrapposte. Non è stato sufficiente mettere insieme leaderini minori che, un per l'altro, rispondono allo stesso paradigma. Individualmente presi non vi sono differenze tra Bersani e Fioroni, quantità di capelli a parte, o tra D'Alema e Rosy Bindi, al di là del fatto che lei non ha i baffi e lui non è laureato, o tra Veltroni e Franceschini il primo di Roma e l'altro di Ravenna. Insomma: differenze da nulla. Assolutamente fungibili tra loro.
Le aggregazioni politiche nascono dal basso non vengono calate dall'alto. Le idealità sono democratiche, nel senso etimologico del termine, emergono, magari confusamente e rispondono a bisogni magari non limpidamente espressi: il compito del leader, rappresentante, è di razionalizzare, elaborare e ripresentare quello che la coscienza collettiva definisce ed indica.  Le società si autoeducano e se la nostra è com'è non dobbiamo andare lontano per trovare le responsabilità.
D'altra parte la storia ha insegnato che le rivoluzioni così come la democrazia non sono prodotti di facile esportazione. Figurarsi i leader.
Che i nostri li smerceremmo più che volentieri. Ma sarebbe operazione fraudolenta.
Ai limiti del codice penale.

5 commenti:

  1. Postato per conto di Paolo Pennacchio:
    Quello che piace a molti italiani di De Gaulle sono quel Les deux eglises che hanno fatto parte del nome del suo eremo . Perché si sa che due chiese sono meglio di una , ed è certamente quello che devono aver pensato alcuni ex democristiani ed ex comunisti che sono confluiti nel Pd. Per l'amor del cielo il Pd è , fortunatamente, anche tante altre cose ; ma non potendo avere un De Gaulle redivivo vi sarà stato chi ha pensato che bastassero due chiese ed al diavolo le piccole sette ereticali, e pazienza se alcune di queste, come il repubblicanesimo ad esempio, avessero il dna del partito democratrico e di sinistra da ben prima della nascita del Pd , nel quale vi fu un affollarsi di adesioni di fini politici convinti per necessità di legge elettorale e per animo di combattenti.
    Solo che mi sfugge una cosa , ma il Pd non era nato all'insegna di un certo americanismo alla scanaway , un desiderio di uninominalismo alla inglese, un giovinilazionismo che neanche il sindaco di Firenze lo era abbastanza, una sfida alla destra ed all'unto del signore, al re taumaturgo , che dal canto suo pensava, egli si, di essere ,statura a parte , un De Gaulle all'italiana ? insomma Veltroni ( I care) con De Gaulle che c'azzecca? O il professor Salvati parlando di De Gaulle vuol dirci che possiamo star tranquilli che è definitivamente chiusa l'era dell'ex sindaco di Roma; se è così la notizia non può che rallegrarcie spingerci ad un moto di simpatia verso il Pd e verso il prof. Salvati.

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  2. Qualche precisazione. Tanto per mettere le cose a posto, mai per polemica s'intende, ma per aderenza alla Storia e ai fatti, non è 'Les deux ingles' ma Colombey-les-Deux-Eglises, comune francese dell'Alta Marna. Poi Charles De Gaulle, tanto per dirne una, magari la più grossa , è l'organizzatore di Francia Libera, l'associazione che da LOndra, dove si era rifugiato, perchè il governo collaborazionista di Vichy lo aveva condannato a morte, si battè contro i nazisti che dall'agosto 1940 avevano invaso il suo paese. De Gaulle, per quanto riguarda l'Algeria, nel 1962, consapevole che la guerra contro gli algerini, è inutile, alla fine concesse l'autonomia. Sul nucleare De Gaulle capiì che doveva allineare la sua Nazione alle altre. Aveva visto giusto, visto che oggi Pakistan e India hanno la loro force de frappe nucleare i nostri 'de sinistra' fanno finta di niente. Infine, per concludere, i concetti esposti da Anonimo sono difficili da afferrare, magari è colpa mia, ma ho l'impressione che l'anonimo postarolo sulla politica, ma soprattutto, sulla Storia abbia delle idee, come dire...mi permetto confuse e datate....
    Un ripasso alla Storia...non farebbe male...
    Viva De Gaulle...ma purtroppo in Italia non ne vedo...chi sarebbe Bersani, Vendola...Casini...o Berluscaz...ma vabbè che estate...gente...suvvia.
    Anonimo...ripassi la Storia quest'estate...
    Buone Vacanze...

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    1. La questione non è De Gaulle (anche se non ne condivido metodo e merito). Il punto è nel metodo indicato da Salvati (al netto delle banalità) e nella teoria delle élite. Personalmente credo nella coscienza collettiva (quella che peraltro ha espresso De Gaulle e gli ha fatto vincere un referendum)e considero i leader emanazioni funzionali della stessa. Gli errori di valutazione come l'attesa dell'uomo della provvidenza (Salvati ne vorrebbe almeno una decina in Europa) impediscono la lettura del contesto e l'evoluzione della società.

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  3. Purtroppo un De Gaulle italiano non c'è. Caro Castruccio, sulla coscienza collettiva italiota ci sarebbe da scrivere più di un saggio. Nel 1939 la coscienza collettiva italiota indossò la camicia nera, fino al 25 luglio 1943. Quando arrivarono gli alleati si meravigliarono di non riuscire a trovare un solo fascista..ma come ha fatto Mussolini a dominare l'Italia per 20 anni? Boh...poi naturalmente tutti antifascisti....5000 partigiani fino al 1943...poi improvvisamente, nel 1945, 500 mila...quando non c'era più da rischiare la pelle e con i tedeschi in rotta. Nel dopoguerra la coscienza collettiva italiota dà il meglio di sè: diventa rivoluzionaria, ma alla guida del PCI c'è un pragmatico- Togliatti - il quale al compagno che gli chiede come posso chiamarla compagno Togliatti? Risposta : Mi dia pure del lei...
    L'Italietta...in bicicletta. Oggi, ovviamente, il partito che fu di Togliatti a ffronte del tracollo che prima o poi subiremo...presenta il suo programma: nozze tra omosessuali e il diritto di cittadinanza ai figli degli emigrati. Per carità, io sono un liberale, non quello di Malagodi (diciamo meglio liberal altrimenti qui qualche idiota in agguato confonde le due cose) iniziative meritorie, lodevoli e moderne, ma il problema dell'Italia non è questo allo stato dei fatti. Per attivare lo scudo antispread lo sanno i partiti italiani , come successo in Grecia, Portogallo e Irlanda, che l'attuale Governo dovrà firmare anche a nome di chi gli succcederà il memorandum dove si accetta di essere sotto commissariamento? Lo sa Mr Vendola? E lo sa quello delle bambole che probabilmente veramente non dovrà pettinare...?
    La coscienza collettiva italiota...che si accinge ad andare in ferie, lo sa che la pacchia è finita? Anzi come diceva il grande De Gaulle: la ricreazio è finita...

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    1. Caro Nuccio, a parte il fatto che la coscienza collettiva italiana cominciò ad indossare la camicia nera fin dal 1922, il vero punto della questione sta nel fatto che l'umanità (complessivamente intesa, quindi anche come sommatoria di società) è sinceramente e pragmaticamente democratica: la maggioranza decide le forme ed i modi del suo "autogovernarsi". Alternativamente non si può gestire una società, di qualsiasi entità essa sia, senza il consenso della maggioranza dei suoi. Consenso esplicito o implicito. E' la maggioranza che definisce il come e il cosa e usa cinicamente i supposti leader (De Gaulle incluso). Ogni elemento sovrastrutturale (televisioni incluse) risponde alle funzionalità della coscienza collettiva: non è Berlusconi che ha inventato il berlusconismo ma il berlusconismo (che viene da molto lontano e ha come riferimenti "culturali" trasmissioni tipo "drive in" e prima ancora "la bustarella" di antenna 3) ha evocato Berlusconi. Parole di Gianni Baget Bozzo. Quindi le responsabilità, quelle vere s'intende, non stanno nelle mani nè del pettinatore di bambole e neppure in quelle dell'affabulatore pugliese e tanto meno ancora in quelle del belloccio Casini o del pupo Alfano ma in quelle della maggioranza dell'italiota popolo.(per usare espressioni a te care). Quindi fino a che non si concretizza, dal basso, una proposta definita ed aggregante (e magari alternativa a questo modello di sviluppo) saremo costretti a vivere in questa situazione di stallo.
      Dopo di che hai ragione: sulla coscienza collettiva si potrebbe scrivere un saggio. Ben più di un saggio che in queste poche righe può essere solo accennato.

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